UN AMORE DI FATA
C’era una volta una bellissima fatina che ballava e cantava tra i fiori del bosco incantato. La fatina era sempre felice mentre, con le sue meravigliose ali, svolazzava di qua e di là, e tutti la invidiavano ma le volevano anche bene, perché lei aiutava sempre chi aveva più bisogno.
Una sera, dopo essersi adagiata sul suo solito fiore di pesco, la fatina si addormentò profondamente. Ma quella notte, un gruppo di orchi cattivi si intrufolò nel bosco con un piano malvagio: volevano rinchiudere tutta la sua polvere magica dentro un barattolo, così da impedirle di volare e di sorridere. A loro non piaceva tutta quella felicità, perché loro erano sempre arrabbiati e tristi, e vedere la fatina così allegra li infastidiva.
La mattina seguente, la fatina si svegliò con uno strano senso di pesantezza. Provò a spiccare il volo, ma cadde a terra. Si sentiva debole, le sue ali non la sostenevano più. Confusa e spaventata, si diresse alla Cascata del Bacio, dove l’acqua era limpida come uno specchio e quando si specchiò, il suo cuore ebbe un sussulto: le sue ali non erano più argentate e scintillanti, ma erano diventate semplicemente grigie e spente.
La fatina iniziò a camminare per il bosco in cerca di aiuto, ma tutti gli animaletti che di solito le sorridevano ora abbassavano lo sguardo e si allontanavano in silenzio.
Fu allora che una piccola cavalletta verde saltò accanto a lei.
— Fatina, che succede? Perché non voli? — chiese preoccupata.
— Oh, mia cara amica… Qualcuno ha rubato la mia polvere magica. Non posso più volare, e mi sento così triste e debole… —
La cavalletta sgranò gli occhi.
— Questo è un guaio! Ma chi potrebbe aver fatto una cosa tanto brutta?
— Ho un brutto sospetto… Gli orchi del bosco oscuro! —
— Allora dobbiamo andare subito a riprendere la tua polverina! Ma sarà un viaggio pericoloso… —
Decisero di partire subito e si incamminarono verso il villaggio degli orchi. Ma il cammino non fu facile, perché gli orchi, astuti e crudeli, avevano disseminato il sentiero di trappole.
La prima sfida fu un fiume in piena, con una stretta passerella di tronchi viscidi e scivolosi.
— E adesso come facciamo? — si lamentò la fatina.
— Lascia fare a me! — esclamò la cavalletta. Con un salto, afferrò una liana e la lanciò alla fatina. — Aggrappati forte! —
La fatina si lasciò trasportare con un balzo oltre il fiume, mentre la cavalletta lo superò con un salto da record.
Ma subito dopo trovarono la seconda sfida: un gigantesco ragno aveva tessuto una ragnatela che bloccava il passaggio.
— Chi osa disturbare il mio sonno? — sibilò il ragno con la voce profonda.
— Ti prego, dobbiamo passare! Gli orchi hanno rubato la mia polvere magica! — supplicò la fatina.
Il ragno li fissò con i suoi occhi brillanti.
— Passerete solo se risolverete il mio indovinello: più lo togli, più diventa grande. Che cos’è?
La fatina si guardò intorno, confusa. Ma la cavalletta batté le antenne con entusiasmo.
— Lo so! È… un buco!
Il ragno sbuffò.
— Brava. Potete passare. Ma fate attenzione… gli orchi non sono creature da sottovalutare! —
Dopo un’altra ora di cammino, finalmente arrivarono al villaggio degli orchi. Le case erano fatte di pietra scura e legna, e il cielo sembrava sempre coperto da nuvole grigie.
Si avvicinarono alla casa del capo degli orchi e, con passo felpato, la fatina entrò dentro. Lì, su uno scaffale polveroso, vide il suo barattolo di polvere magica!
Ma proprio mentre allungava la mano per prenderlo, una voce roca la fece trasalire.
— Ehi, tu! Cosa pensi di fare? —
Un enorme orco era comparso alle sue spalle, con le braccia incrociate e lo sguardo minaccioso.
La fatina strinse i pugni e trovò il coraggio di parlare.
— Mi avete rubato la mia polvere magica! Perché l'avete fatto?
L’orco sbuffò.
— Perché tu sei sempre felice! E noi orchi siamo sempre arrabbiati! Noi non sopportiamo il tuo sorriso e per questo l'abbiamo spento per sempre.. —
La fatina si fece coraggio.
— Ma se foste meno arrabbiati, non stareste meglio anche voi? La felicità non si ruba… si condivide! —
L’orco rimase sorpreso.
— Condividere la felicità? Noi non sappiamo come si fa…
La fatina sorrise.
— Inizia tutto con un semplice sorriso. E poi…dai, balla con me! —
Gli prese le mani e cominciò a girare in tondo. L’orco, dapprima rigido, iniziò piano piano a muoversi. Gli altri orchi si affacciarono curiosi e, senza accorgersene, iniziarono a ridere e battere le mani.
Fu in quel momento che la polvere magica si liberò dal barattolo e tornò alla fatina, facendo risplendere di nuovo le sue ali!
— Guardate! Le mie ali sono tornate! — esclamò.
— E noi… stiamo ridendo? — mormorò un orco sbalordito.
— Visto? La felicità si può trovare ovunque, basta volerla! —
Gli orchi, grati per aver scoperto la bellezza della felicità condivisa, iniziarono a vivere in armonia con gli altri abitanti del bosco. Non erano più tristi e arrabbiati, ma sorridenti e pronti ad aiutare chi ne avesse bisogno.
La fatina, che aveva insegnato a loro la lezione più importante di tutte, continuò a danzare e cantare tra i fiori del bosco insieme ai suoi nuovi amici.
A cura di
Valentina Dragotta

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